4.2 La tecnica autobiografica
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AUTOBIOGRAFIA NELLA LOTTA CON L'OBLIO.
La scrittura di sé viene analizzata qui come uno strumento per lasciare una traccia di se stessi.


Il sentimento dell’ Cap. 4.1 esserci, è indubbiamente sorretto da una pratica pedagogica e insieme narrativa, di recente sviluppo, l’autobiografia che si caratterizza come “processo cognitivo di ricognizione della memoria personale” (Mantegazza, 1996, pag. 50).
Scrivere di sé concretizza questo sentirsi presenti a se stessi e al mondo di cui sentiamo aver bisogno. Ci ridona la consapevolezza che ci siamo e che siamo stati, ci colloca nel contesto delle relazioni che abbiamo vissuto e dei luoghi che abitano lucidamente la nostra memoria.
Scrivendo abbiamo la possibilità, di far affiorare dai più significativi ricordi della nostra vita a quelli irrisori, nell’intreccio delle relazioni con le persone che abbiamo di volta in volta incontrato; questa modalità ci dà inoltre la possibilità di connetterli secondo nessi personali, che diano un senso preciso a ciò che è il nostro passato e di conseguenza al nostro presente e a quel che verrà.
L’autobiografia infatti, come apprendiamo dalle parole di Demetrio: “È la testimonianza che abbiamo vissuto e siamo apparsi su questo pianeta per un certo periodo; Cap. 4.1.2 unici tra miliardi di individui che ci hanno preceduto, ci sono contemporanei e ci seguiranno” (Demetrio, 2004, pag. 207).
Essa è un lavoro personale di trascrizione di ricordi e tracce che si contrappone all’oblio della dimenticanza.
È quindi la memoria ciò che fa in modo che noi restiamo vivi, anche quando ce ne andiamo. Questo è reso possibile dalla trascrizione di ciò che abbiamo vissuto o dal tramandare pezzi di noi a chi verrà, attraverso oggetti e memorie che ci raccontano.
In realtà l’ombra dell’oblio fa comunque parte di noi, e sappiamo che c’è qualcosa che fatalmente ci sfugge o è già perduta, e che lascia un vuoto in suo luogo.
Lottiamo ogni giorno, estenuamente con questa oscura entità che fa scomparire parti di noi e soprattutto ha fatto scomparire chi ci ha preceduto. Un bisnonno o un lontano parente rivivono nel momento in cui qualcuno racconta di loro, fosse anche di un solo aneddoto che ha riguardato la sua vita, il suo passaggio su questa terra.
Scrivere un'autobiografia è un modo per lasciare un pezzo di noi su questa terra, per coloro che ci sopravvivranno, o che verranno dopo di noi in un epoca che non ci apparterrà.
È Cap. 5.2 fotografare il tempo che scorre, per cercare di fermarlo, nell’estremo desiderio di essere immortali, per chi non sa accettare la morte, sia la propria che quella degli altri.
È la pretesa di Cap. 5.4.1 contrastare l’oblio, la totale dimenticanza che incombe sulla vita effimera.
Siamo infatti ininterrottamente in divenire e ogni istante vissuto si muta immediatamente in passato, tutto si trasforma irrimediabilmente e quello che possiamo fare per fermare questa inevitabile necessità, è raccontarci a chi un giorno preserverà il ricordo di chi siamo stati.
Scrivere la nostra autobiografia significa consegnarci in qualche modo all’eternità, al seppur precario supporto di un quaderno, di un diario oppure di un foglio elettronico salvato nel nostro personal, o inciso su un cd conservato in un cassetto.
Scrivere di noi, è innanzitutto sfidare l’oblio della dimenticanza, cercando di rendere salda la nostra esistenza nella nostra memoria e soprattutto in quella degli altri.
Il nostro essere stati lascerà dietro di sé un “pieno”, una traccia indiscussa del cammino che abbiamo compiuto, nelle persone che abbiamo incontrato non rimarrà di noi solo il silenzio. “L’oblio è così il demone da sconfiggere, che allontana dalla certezza di essere stati per l’eternità, una volta per tutte e per sempre, nel tempo” (Demetrio, 2004, pag. 67).
Siamo stati dunque, e questo tratto del tempo che abbiamo modificato con la nostra presenza, non tornerà integro perché mutato per sempre. Il nostro passaggio rimarrà indelebile, grazie alla modalità con cui abbiamo vissuto e a ciò che di noi abbiamo saputo lasciare negli altri, un strumento utile a questo scopo è sicuramente la scrittura di sé.
Il racconto di noi stessi è infatti costituito dai nostri desideri e speranze, che attraverso la narrazione delle nostre esperienze possono portare alla luce Cap. 3.2 energie creative volte al cambiamento, nella convinzione che il futuro sia ancora gestibile e modificabile da noi stessi.
Essa incarna il nostro più intimo desiderio, l’immortalità a cui tendiamo e che possiamo raggiungere soltanto lasciando un pezzo di noi per chi verrà, per dare un senso al nostro lento incedere consapevoli della nostra finitezza e caducità.
Grazie alla tecnica autobiografica manifestiamo la voglia di vivere ancora, anche accettando di farlo in una forma sostanzialmente diversa, nella memoria e nelle menti di altre persone. Scrivendo la storia della nostra vita siamo sicuri che qualcuno un giorno ritroverà le nostre memorie e magari racconterà di noi, tenendoci in vita ancora un poco. Nel contempo questa narrazione esprime la nostra costante “paura che tutto si disperda nell’istante, se non trattenuto da parole che, comunque, non ci salveranno dalla impermanenza” (Demetrio, 2002, pag. 141).


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